venerdì 30 marzo 2012

Un maestro di vita: Alfredo Di Dio



Domenica scorsa ero ad Ornavasso, in compagnia del presidente della FIVL, associazione partigiana nazionale. Abbiamo inaugurato il nuovo museo della resistenza, nel quale sono raccolti numerosi elementi di quello che fu il nostro riscatto.

Dalla resistenza infatti, nasce l'idea d'Unità di un popolo che stanco di una sottomissione, rialza la testa e consapevole dei sacrifici che questo comporta, reagisce fiero ed unito. 

Figura eroica, memorabile e di esempio per noi giovani, sulla quale gran parte del museo è costruito è quella di Alfredo Di Dio, capo partigiano e martire della libertà.

Ho trovato questo bellissimo estratto della sua vita:  

"Nacque a Palermo il 4 luglio 1920. Alfredo Di Dio uscì dall'Accademia Militare di Modena, nel 1941, con il grado di sottotenente e fu assegnato al 1° Reggimento Carristi di Vercelli come istruttore; nel maggio del 1943 fu promosso tenente. L'8 settembre 1943, avendo constatato che nei Comandi superiori non vi era alcuna volontà di reagire all'aggressione nazista, Di Dio abbandonò, con alcuni carri armati guidati da ufficiali e soldati della sua Compagnia, la caserma e si diresse verso Novara; non trovando alcuna collaborazione riuscì, a stento, con i suoi compagni ad evitare la cattura.
   Alfredo arrivò a Cavaglio d'Agogna e qui fu raggiunto dal fratello Antonio. Su consiglio e con l'aiuto del coraggiosoCarletto Leonardi, Alfredo, il fratello e i compagni di fuga si portarono in Valstrona, dove costituirono una prima banda partigiana.   Il 18 dicembre accadde, per un equivoco, il malaugurato scontro (sulla salita del Buccione) fra i suoi uomini e Beltrami che, con la moglie e alcuni suoi partigiani, era su una macchina sequestrata ai tedeschi. Alfredo Di Dio salì a Quarna per andare a fare visita a Beltrami e da quell'incontro nacque la "Brigata Patrioti Valstrona" per la fusione delle due "bande".   Gli uomini del "Capitano" si portarono successivamente in Valstrona (23 dicembre 1943). Il Comando generale fu posto aCampello Monti con Beltrami quale comandante mentre Alfredo Di Dio assunse il comando tecnico-militare della formazione.   Alfredo, dopo qualche giorno, d'accordo con il "Capitano", andò a Novara per concordare, con il prefetto Dante Maria Tuninetti e il questore Ugo Abrate, uno scambio di prigionieri (i partigiani Lino e Donato Ferrari e Gino Vermicelli contro il commissario prefettizio di Omegna, Antonino Gorgone). L'incontro tra Alfredo e le due autorità fasciste ebbe momenti difficili e pericolosi per l'intrusione dei "duri" del fascio novarese, Giuseppe Dongo ed Ezio Maria Gray, ma si risolse per l'intervento tempestivo e geniale dell'autista-guardia del corpo di Alfredo, Rosolino Brignoli.   L'incontro per lo "scambio" ebbe luogo ad Ameno, il giorno 8 gennaio 1944. All'incontro era presente Monsignor Leone Ossola. Successivamente, Alfredo Di Dio decise, d'accordo con il "Capitano", di portarsi a Milano per ottenere dal Comitato di Liberazione Nazionale finanziamenti per la formazione. Il 23 gennaio, Alfredo partì con la sua scorta per Milano dove fu arrestato e trasferito alle carceri di Novara.   Alfredo fu scarcerato il 6 marzo. Il 13 febbraio il fratello Antonio era morto a Megolo, a fianco del "Capitano" e di altri dieci partigiani. Appena raggiunse la zona, resosi conto della situazione decise di dare vita ad una nuova formazione partigiana autonoma fra Casale Corte Cerro e la valle del Massone, denominata originariamente "Gruppo Patrioti Ossola". Nel giugno 1944 la formazione contava circa 230 uomini, quando fu costretta a trasferirsi a causa del grande rastrellamento. Il 1° luglio la formazione, non legata a nessun partito, prese la denominazione di "Valtoce" ed i suoi appartenenti portarono da allora al collo un fazzoletto azzurro.   Durante le operazioni di ritirata, dopo il periodo della Repubblica ossolana, cadde in una imboscata, assieme con colonnello Attilio Moneta, il 12 ottobre 1944 al Sasso di Finero, in Valle Cannobina. Anche se il grosso della divisione dovette esiliare, la "Valtoce" riuscì a ricostituirsi pur se su basi nuove e diverse, continuando la lotta fino alla Liberazione. "

Nel museo è conservata la portiera dell'auto nella quale Alfredo morì. Impressionante contare i colpi arrivati nella portiera. 

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